BRUNA SPAGNUOLO
Haiti, Santo Domingo, Malesia e Singapore
©by Bruna Spagnuolo
Il mio approccio al viaggio ha a che vedere con il mio scrivere: cerca, scova e canta il bello che si fa speranza. Il modo di 'raccontare' Haiti, Santo Domingo, Malesia (Penang/Langkawi) e Singapore, in questa pagina, è... soltanto 'mio'. Le mie pagine sono ciò che di geografico potrebbe svolgersi in un salotto letterario (il mio). Ogni pagina è l'equivalente di una mia poesia (allargata all'iconografia).
HAITI La repubblica presidenziale di Haiti (America Centrale- Grandi Antille) è uno Stato che occupa il settore occidentale dell'isola Hispaniola. Riconosciuta colonia francese (trattato di Ryswick), nel 1697, venne popolata con l'importazione di schiavi africani (costretti a lavorare nelle piantagioni). Le ribellioni furono costanti e tenaci e (1794) la Convenzione soppresse finalmente la schiavitù. Ne nacque una sanguinosa guerra civile tra i coloni francesi e la popolazione nera, che ottenne la vittoria e liberò anche la parte orientale dell'isola. Ci fu una riconquista francese di breve durata (1802). La rivolta Dessalines, un anno dopo, proclamò l'indipendenza. La parte orientale dell'isola ricadde sotto il dominio spagnolo (1806), mentre la parte occidentale era preda della guerra civile tra Mulatti e Neri. J. P. Boyer unificò il territorio (1820) e occupò la parte orientale (1822), ma, quando Boyer fu deposto, Santo Domingo si separò definitivamente da Haiti, che continuò ad essere devastata da vari colpi di stato e lotte intestine. Duvalier, eletto presidente (1957), si proclamò presidente a vita (1964) e instaurò una dittatura militare. A "papà Duvalier" successe il figlio Jean Claude. Il resto è storia nota. |
|
1985 |
|
![]() |
All'attracco della Niña di Cristoforo Colombo, in questo angolo di Port Au Prince, Haity ha dedicato un monumento commemorativo. Gli esperti sostengono che il luogo esatto dell'attracco haitiano non sia proprio quello del monumento, ma questa non è la sede di contese di qualsivoglia natura: è soltanto la dimensione elettiva in cui la mente e il cuore cercano ed evocano l'universalità della parentele terrene tra gli esseri umani. Colombo, in effetti, avendo toccato Cuba e Haity, credeva di aver raggiunto il leggenadrio Cipango (descritto da Marco Polo). In Haity lasciò (a causa del naufragio della Santa Maria) una colonia, la Navidad, prima di ripartire per la Spagna. Riuscì a tornare dalla Spagna, con grande difficoltà (per le gelosie portoghesi), e lasciò in Haity suo fratello Bartolomeo, come governatore della colonia Isabela. Il suo ritorno successivo cadde in piena rivolta dei coloni. Dalla Spagna giunse Bobadilla, che arrestò Colombo e suo fratello e li rimandò indietro in catene. Con l'aiuto della regina Isabella,Colombo partì di nuovo, con il divieto di tornare ad Haity. Raggiunse Panama e, credendo di essere in Asia, si mise a cercare il Gange. Ebbe gravi problemi con l'equipaggio e dovette chiedere una nave al governatore di Haity, per tornare in Spagna. Trascurando i dati delle sue stesse spedizioni, morì in solitudine e nella sua errata convinzione. |
![]() |
![]() |
Haiti- Port Au Prince- Mercato all'aperto chiamato Mercato Del Ferro |
|
![]() |
Haiti- Port Au Prince- Cattedrale- All'interno di questa chiesa, ricca di vetrate, a turno o insieme, i fedeli innalzano preghiere gestuali, unendo ai moti del cuore quelli del corpo e ai messaggi delle parole quelli della danza e del canto. |
![]() |
In Occidente esiste la statua al milite ignoto, in Port Au Prince c'è la statua allo schiavo ignoto. Con abbandono rassegnato e possanza indomita mai sopita, la figura bronzea di questa statua ricorda il dramma collettivo degli esseri umani ridotti in schiavitù e la lacerazione senza rimedio di ogni persona spezzata nei suoi diritti più sacrosanti, strappata al suo mondo e trasferita altrove come bestia da soma; con forza pronta allo scatto , questa statua ricorda, però, anche e soprattutto, il diritto alla dignità e all'uguaglianza di ogni essere umano nei confronti di altri esseri umani di qualsiasi razza e di qualsiasi colore. |
![]() |
In un luogo con una storia fatta di conflitti, ribellioni e inalienabili aspirazioni alla libertà, un altare della patria è a casa più che mai: ecco, infatti, l'altare della patria di Port Au Prince. La sua fiammella che, come un miracolo, non si spegne mai, ricorda quella accesa davanti alla tomba del dittatore che si faceva chiamare "Papà Duvalier" (e che, sorprendentemente, non è affatto inviso alla popolazione) . |
![]() |
Nel cimitero di Port Au Prince, la tomba di "Papà Duvalier" è meta di raccoglimento e di preghiera. Visitandola, ci siamo imbattuti in un funerale. |
Il corteo di parenti e amici seguiva il defunto con dignitoso e compunto dolore. Dietro, una folla prezzolata di popolani sciamava, cantando, saltando e ridendo (e perpetuando il rituale esorcizzante della paura della morte). |
![]() |
![]() |
![]() |
Attraversare Haity da Sud a Nord, però, è tutt'altra cosa. Le strade sono antiche e strette e seguono l'andamento del territorio prevalentemente montuoso, attraversato dalle due cordigliere principali (del monte La Selle) intercalate dalle catene minori, a loro volta separate dal fiume Artibonite e dai suoi affluenti. La strada segue tragitti apparentemente pianeggianti, poi sale, ridiscende e risale... |
![]() |
Su quest'altura, una donna voleva vendermi a tutti i costi un cocotier, una noce di cocco. "Je n'ai pas de gourde", le dissi (era vero: non avevo moneta locale e non potevamo certo darle il traveler's cheque che doveva pagare il nostro viaggio). "J'ai faime", rispose (come se in quel luogo sperduto potesse comprare del cibo con il denaro) e io aggiunsi: "Mangez le cocotier." Rise, divertita e smise di tormentarmi . |
![]() |
![]() |
![]() |
Vorrei poter dire che non ho visto scene di miseria e di bisogno, ma così non è, purtroppo. La povertà è ovunque uno spettacolo consueto. Ferma in macchina, in attesa del rifornimento di benzina, durante la traversata da Port Au Prince a Cap Haitien, ho assistito a una scena che non ho dimenticato: una signora si è fermata a qualche metro dalla macchina; si è svestita, raccogliendo le sue cose in una ciotola, e si è lavata nel rivoletto di acqua di scarico, che scorreva accanto al marciapiede, davanti alle tipiche case della zona. Un ragazzino è sopraggiunto e ha cominciato a prenderla in giro per la sua nudità e a fingere di volerle rubare i suoi averi. La donna ha raccattato tutto, in fretta e furia, e, senza rivestirsi, ha cominciato a inseguire il ragazzo.
|
Le coste sono frastagliate e accidentate ma, a Cap Haitien, ci sono angoli-paradisi, che, non lontano dalla famosa isola dei pirati (Della Tortuga), hanno sabbia sottile (abitata da sbalorditivi piccoli paguri trasparenti che, di mattina, la invadono letteralmente e che scompaiono magicamente, al minimo movimento di intrusi) e vegetazione tropicale (nonostante il clima temperato tipico delle alture). |
![]() |
![]() |
![]() |
![]() |
La bellezza del luogo fa dimenticare il timore strisciante suscitato dalla consapevolezza che, nelle campagne circostanti, le pratiche vudu sono la norma. Devo confessare, in verità, che, di notte, risvegliata dal richiamo quasi umano della pavoncella, ho quasi temuto di aver udito una richiesta di aiuto e ho fatto fatica a calmare i battiti del cuore... Soltanto a giorno inoltrato ho scoperto la provenienza di quel richiamo suggestivo e impressionante. |
Sulle cime, il castello "du roi Christophe" aspetta ancora l'invasione di Napoleone, con le sue provviste di palle di cannone. Andarci è una passeggiata notevole (che avrei preferito non fare a cavallo, se avessi osato scontentare i proprietari del quadrupede) (V. foto sotto). |
![]() |
![]() |
![]() |
|
![]() |
![]() |
![]() |
|
Santo Domingo De Guzman, fondata da Don Bartolomé Colombo, nel 1496, è la città più antica del nuovo mondo. La sua zona coloniale è stata dichiarata dall'Unesco (1900) patrimonio dell'umanità. Nel Parque Nacional "La Isabela" sono conservati i resti della casa di Cristoforo Colombo. Nella Plaza de España sorgono circa 300 edifici in stile gotico moresco, tra cui l'Alcazar (in stile gotico mudejar, una fusione di stile gotico/romano/arabo/rinascimentale), la sontuosa dimora di Don Diego Colombo, il viceré dell'isola (figlio di Cristoforo Colombo).
Alcazar (foto sopra e sotto) - esterno
|
|
![]() |
Le mura di cinta furono costruite a metà del 1500, come difesa contro il pirata Francis Drake. |
Alcazar (foto sopra e sotto)-interno |
![]() |
![]() |
Nelle 22 stanze di questa magnifica dimora non c'è un solo chiodo. Porte e finestre ruotano su perni e si chiudono con preziose grandi assi di mogano sulle massicce pareti. Mobili, austerità e atmosfera di questo luogo grandioso sono un vero tuffo nel passato e riconducono la memoria al solo uomo che ha portato a tutto questo: Cristoforo Colombo (i cui resti mortali non riposano qui/ Sono ospitati con onore nel "Faro a Colòn" di questa stessa città). |
Il termine 'Malesia' indica la penisola di Malacca (in senso geografico), corrispondente (in senso politico) alla Malaysia Occidentale. Le popolazioni più antiche di questa penisola furono di origine mongola, quelle più recenti di origine indiana e cinese. L'influsso della civiltà indiana su questa terra fu fortissimo , fino al XV secolo, quando la Malesia fu islamizzata, insieme a tutto l'arcipelago indonesiano. Nel XVI secolo, i Portoghesi la colonizzarono. I sultani spodestati fondarono un regno a Johore. Gli Olandesi, che avevano già colonizzato tutta l'Indonesia, occuparono anche la Malacca, scacciando i Portoghesi. Gl'Inglesi, che avevano basi commerciali e militari nelle isole di Penang e Singapore, due secoli dopo si fecero cedere dagli Olandesi gli stabilimenti di Malacca, in cambio di possedimenti in Sumatra. Tutti i sultani malesi, nel corso del 1800, dovettero subire la 'protezione' britannica, finché , nel 1895, i sultani di Perak, Selangor, Negri Sembilan e Pahang costituirono una federazione (controllata da un residente generale inglese). Gli altri stati malesi (Keda, Perlis, Kelantan, Trengganu e Johore- non federati) accettarono il 'protettorato' britannico. Un movimento partigiano antigiapponese, sorto durante la II guerra mondiale, divenne antibritannico (dopo la riconquista inglese- 1945). Alimentò la guerriglia e le insurrezioni, per circa tre lustri (sostenuto dalla Cina comunista). Le tensioni fra Malesi, Cinesi e Indiani, nel frattempo, divenivano ogni giorno più tesi e sfociavano (1946) nella formazione dell'Unione Malese (che, nel 1948, si trasformò in Federazione della Malesia). Svolte importanti (1955) furono le prime elezioni politiche (in cui si affermò l'Alliance Party- una coalizione dei partiti più importanti dei tre gruppi etnici) e la proclamazione dell'indipendenza (1957) in seno al Commonwealth. L'insurrezione (1963) degli stati malesi, federati con le colonie inglesi di Sarawak e Sabah (nel Borneo) e con Singapore, portò alla Federazione della Grande Malesia o Malaysia. |
|
LA CIVILISSIMA E MODERNA KUALA LUMPUR (non trascura tributi alle sue tre memorie e non smette mai di corteggiare il futuro) |
|
1978 |
|
![]() ![]() ![]() |
|
![]() ![]() |
|
![]() |
A Kuala Lumpur (a pochi metri dalla metropoli che si dice gareggi con la texana Houston per le sue alte torri e i suoi impressionanti grattacieli), salite e discese incantevoli sono un'occasione speciale per fare moto e un riposo per gli occhi e per la mente. L'architettura crea, qui, atmosfere di sogno e schiude anche le porte su oggetti artistici e belli (come i batik d'autore). In questi angoli, la Chinatown affollata e caratteristica (e nel terzo millennio più che mai avveniristica) sembra un lontano ricordo e l'atmosfera si imparenta, invece, con la bellezza fiabesca della Istana Negara, la dimora ufficiale del re. |
![]() |
L'immagine della donna-muratore, rubata passando in macchina per le vie della città, è stata per me una rivelazione. Non ho subito realizzato il perché dell'attenzione calamitata. La prima percezione ha quasi sfiorato un senso di femminilità ferita (il commento non espresso è stato: "Che modo è di trattare le donne? Dove sono gli uomini, cui spetta fare tali lavori...?Ecc.". La riflessione consapevole successiva è stata, invece, completamente diversa. Siamo noi Occidentali a non aver le idee affatto chiare sull'argomento. Vogliamo l'emancipazione femminile, ma siamo alquanto confusi sul significato della sua realizzazione. La verità è che, se la donna vuole un'uguaglianza vera con l'altro sesso, la deve cercare a 360° e non soltanto nelle direzioni gratificanti e prestigiose. Tutti i mestieri sono onorevoli e adatti ad ambo i sessi. Ci sono uomini forti e uomini mingherlini e lo stesso vale per le donne. Se la donna può fare il palombaro e andare nello spazio, può anche... fare il muratore e il manovale... |
KUALA LUMPUR E DINTORNI |
|
La grande caverna-piena di guano- abitata da milioni di pipistrelli
|
|
La grande caverna-tempio delle divinità indù (e dei miracoli pittorici realizzati sulla nuda terra di una spelonca) |
|
![]() |
|
*I batik realizzati con il 'printing system' e i batik d'autore unici al mondo
|
|
|
|
Mimaland (il parco di divertimenti più grande di questa nazione/la Disneyland malese) |
|
![]() ![]() |
|
![]() ![]() |
|
![]() ![]() |
|
![]() ![]() |
|
![]() ![]() |
|
PENANG L'8 dicembre 1941, il generale Yamashita (al comando di 60.000 soldati giapponesi-appoggiati da 600 aerei) sbarcò nella Thailandia orientale e in Malesia (a Kota Bharu), costringendo il generale inglese Percival (con i suoi 80.000 soldati privi di appoggio dall'aria) a ritirarsi verso Sud e ad abbandonare Penang (il 16 dicembre), Ipoh (il 28 dicembre) e Kuala Lumpur (l'11 gennaio 1942) e ad attestarsi a Singapore, prima di capitolare definitivamente (dopo sette giorni). |
|
![]() ![]() |
|
![]() ![]() |
|
![]() |
Chi s'innamora di Penang, la porta nel cuore per sempre, come un grande amore, perché quest'isola possiede le suasioni infinite del mare e quelle delle alture. Si ammanta di quelle crepuscolari atmosfere che in montagna rivestono genti e paesaggi di profondità incredibili e di oniriche velature; risveglia le nostalgie e gli affetti e tesse le lodi del creato; canta con le creature della foresta e con la corsa dell'uomo verso il progresso. Penang è una dimensione-molte dimensioni sfaccettate come i colori dell'iride e come gli umori impalpabili dei fondali oceanici più misteriosi e magnifici.
Chiedo venia per le foto sovraesposte. Non le correggo, perché ne amo l'atmosfera onirica. |
![]() ![]() |
Le sete e i batik di Penang sono i più raffinati del mondo.Indossarle è una tentazione-privilegio. |
![]() |
La mucca sacra agli Indù, che circola libera, indisturbata e rispettata nei centri abitati lindi, moderni e trafficati dà un senso di libertà e di pacifica sicurezza difficile da provare altrove. |
![]() |
I tetti a pagoda (leggeri e imparentati con gioielli e ricami), qui, sfidano le leggi della fisica. Hanno una delicatezza di forme che quasi s'invola, una precisione di linee che è come un miracolo e una stabilità bilanciata che dà un senso di benessere. |
![]() |
Persino il mercato delle uova, a Penang, è più evento che luogo e fa provare riverenza, con le sue ciotole-sorpresa delle varietà più impensabili per grandezza/provenienza/sfumature maculate (da quelle dei volatili più rari a quelle dei rettili). |
![]() |
La cima più alta dell'isola è così fuori portata che una cremagliera vi si reca con cadenze regolari. La pendenza è così ripida da sembrare, in alcuni punti, perpendicolare. |
![]() ![]() |
La cima è una ricompensa sicura (con strutture adeguate al flusso giornaliero), ma felci più grandi dell'uomo, fiori straordinari e un tempio indù (con palme votive di tenere foglie di cocco-ancora prive di funzione clorofilliana) intrecciate e appese a ghirlanda, sono viatico-bellezza ad ampio respiro... Il trono-shrine visibile sul tetto del piccolo tempio è un tempio a sua volta (simbolicamente e artisticamente mille volte più grande e significativo della semplice struttura di base su cui è posato) e nella simbologia scultorea della sua realizzazione racchiude ambizioni di ascesi-catarsi-onorificenze (verso il divino protese) improntate al particolare che si allarga all'infinito. |
![]() |
![]() |
![]() |
![]() |
Tra le forze di attrazione di Penang, la città degli assenti è una presenza indimenticabile, un insediamento vero e proprio, che parla di passaggio e di vita in divenire. Affiancato alla città dei presenti, ha la stessa valenza degli uccelli, degli alberi e della buona terra. E con le tinte beige e marroni della terra i cippi bianchi sono impegnati a dialogare, proprio come ciottoli senza pretesa alcuna. Questo cimitero buddista assurge a simbolo di monumento-monito fuso con il paesaggio e con la storia dell'uomo. Ha lo stesso richiamo-insegnamento delle rovine ricche di storia e di input spirituali. Le torri dei templi piene delle urne cinerarie, che hanno sostituito l'inumazione in luoghi come questo, mi lasciano confusa e triste: i bei vasi rossi ordinatamente conservati nella torre del tempio, con gl'ideogrammi ben tracciati sul davanti, non hanno l'aria di reperti e non raccontano la storia dell'uomo. Sembranoi soprammobili anonimi tenuti in bella vista sugli scaffali. |
|
![]() |
![]() |
![]() |
![]() |
La strada, i parchi e l'abitato, a Penang, hanno un unico denominatore comune: la foresta. |
|
![]() ![]() |
![]() |
![]() |
![]() |
![]() |
![]() |
Tra i luoghi che avevo in programma di visitare non era incluso un tempio dei serpenti. Ho sempre avuto paura di questi animali e non avrei mai pensato di sostare a distanza ravvicinata e persino di toccarli (e di permettere che i miei figli se li lasciassero mettere addosso- evento di cui non trovo più le foto). Questo tempio ha avuto su di me lo stesso effetto che ha sui serpenti. I rettili se ne stanno fermi e buoni e non incutono timore (forse per effetto degl'incensi bruciati di continuo dentro il tempio...). La leggenda narra che , in un tempo lontano, il tempio abbia preso fuoco, abbia rischiato di finire in cenere e sia stato salvato da milioni di serpenti intervenuti per spegnere l'incendio. Certo è che , in questo luogo, ci sono serpenti ovunque (c'era persino una grande vasca -tipo piscina a secco- piena di rettili in movimento). |
|
![]() ![]() |
![]() |
![]() ![]() |
![]() |
Penang (con le pagode belle- i templi buddisti colorati e incredibili/dalle raffigurazioni molteplici della divinità del Budda, con le implicazioni culturali vastissime- le spiagge meravigliose e libere- le serate dal clima dolce e carezzevole) è come una musica dormiente nella memoria... |
|
![]() ![]() |
![]() |
![]() ![]() |
![]() |
![]() ![]() |
![]() |
![]() ![]() |
![]() |
![]() |
|
LANGKAWI |
|
Isola principale dell'omonimo arcipelago della Malysia, nello stretto di Malacca, Langkawi ha coltivazioni di cocco e di hevea (euforbiacea che, incisa, produce latice) e giacimenti di stagno e di piombo, ma noi l'abbiamo cercata e scoperta come "isola della maledizione". Incuriositi dal mistero racchiuso in tale definizione, abbiamo percorso molti km, per cercare il luogo giusto da cui partire... | |
![]() ![]() |
In una località chiamata Kuala Perlis, abbiamo preso il traghetto. Lontani anni luce dalla nostra nazione e dai luoghi a noi familiari, unici stranieri tra la gente per la quale quel traghetto era il mezzo di trasporto quotidiano, ci siamo sentiti Malesi tra i Malesi. La sensazione di essere a nostro agio, al sicuro e tra amici ci è sembrata del tutto naturale, allora (e, soltanto a distanza di decenni, ci rendiamo conto di aver vissuto momenti straordinari, in un luogo straordinario- a fine anni settanta, quando il turismo di massa era ancora da venire). L'incanto dell'arcipelago ha conquistato i nostri occhi (e non solo). I paesaggi erano così belli e incontaminati che i bambini si aspettavano di veder sbucare Sandokan dietro ogni nuova isola. |
![]() ![]() |
L'arrivo a Langkawi è stato come l'arrivo a casa. Non so come e perché, sbarcare su quell'isola è stato come liberarsi di ansie, preoccupazioni e sfiducia. L'omino del risciò ha caricato bagagli e bambini e, in pochi minuti , è sparito alla nostra vistra. In un angolo della mente, una voce mi rimproverava la completa assenza di preoccupazione, ma senza successo. I bagagli intatti e i bambini eccitati e felici ci attendevano in albergo. Quel ricordo è rimasto associato a quello del gusto dolce e ristoratore del latte del cocco e al fiore di hibiscus (di cui era adornato il young coconut ancora tenero e gelatinoso). |
![]() ![]() |
Le bellezza del luogo era come un balsamo. Le spiagge erano di una solitudine incantata. La pace che vi si respirava era una sorta di medicina per l'anima. La sabbia era così sottile e dorata che mi veniva voglia di chiamarla polvere d'oro. Ogni ora del giorno aveva atmosfere diverse da portare in dono e le aurore e i tramonti incendiavano cielo e mare di un lirismo che pervadeva il resto del creato. |
![]() ![]() |
Il cuore dell'isola, come un'amore di vecchia data, pareva cantare ogni giorno malie misteriose nuove. |
Davanti alla dimora di un cittadino importante di Langkawi, il cimitero non era che un bosco disseminato di piccoli "promemoria" lignei fusi con la natura. La morte e la vita, strettamente legate, non turbavano armonie... |
In un luogo appartato e isolato, ho visto donne e bambini attingere l'acqua al pozzo, con una ciotola, e lavarsi, versandosela addosso. Ho scoperto, così, il perché delle spiagge meravigliosamente spopolate e deserte: la gente malese non s'immergeva nell'acqua, in ossequio ad antiche credenze, secondo cui le negatività mostruose che si celano in essa sono sempre pronte ad attentare alla vita umana, tirando sott'acqua gli eventuali impudenti. Le case malesi, per tale ragione, non venivano dotate di vasche da bagno. |
![]() |
Sotto il sole caldo e nell'aria tersa, i pesciolini stesi ad asciugare apparivano già come gli appetizers invitanti che sarebbero diventati. |
Tra storia e leggenda, abbiamo raccolto sabbia nera (polvere minerale) e riso ancora più nero (leggendariamente sotterrato, nel passato, per sottrarlo alle razzie dei pirati) |
... e, finalmente, abbiamo trovato ciò che aveva condotto i nostri passi a Langkawi: perché l'isola venisse misteriosamente chiamata "Isola della maledizione". La tomba nella foto è la tomba della principessa Masuri . Ecco cosa narra la leggenda: "La principessa Masuri, creatura di rara bellezza, fu accusata di aver tradito il suo sposo e, per tale crimine, fu condannata a morte, nonostante ella protestasse veementemente la sua innocenza. Salendo sul patibolo, nel giorno in cui fu giustiziata, lanciò sui suoi giustizieri e su tutti gli abitanti dell'isola, fino alla settima generazione, una terribile maledizione. La decapitazione della principessa avvenne sotto gli occhi di tutti gl'Isolani che videro sgorgare sangue bianco dal corpo della loro sovrana e capirono di aver giustiziato un'innocente e di essersi macchiati di un crimine tremendo. Da quel giorno ed esattamente per sette generazioni, l'isola non ebbe pace e fu afflitta da infiniti patimenti (incluse le continue razzie , i soprusi e le stragi ad opera dei Pirati)". |
Per lasciare Langkawi nel giorno stabilito, abbiamo chiesto un passaggio su un aereo così piccolo che le pareti erano a distanza di braccia. Il volo a bassa quota ci ha permesso di abbracciare l'isola a lungo con lo sguardo, prima di allontanarci per sempre. I bambini ripetevano: "Ma perché non possiamo vivere qui...?". | |
SINGAPORE |
|
Questa famosissima isola (situata sulla punta meridionale della penisola malese) è uno stato a sé (repubblica associata al Commonwealth). La città omonima occupa un decimo della superficie dell'isola abitata da una maggioranza cinese e da minoranze malesi, indonesiane, indiane e pakistane. Da sempre è stata ricca di piantagioni di cocco, caucciù, copra, tabacco, betel, ananas, allevamenti di suini, pesca, tessuti pregiati, stagno e petrolio. Ha sviluppato l'industria tessile e conserviera, le fonderie di stagno e le raffinerie di petrolio. Ceduta dal sultano dello Johore a sir Stamford Raffles (per la Compagnia inglese delle Indie Orientali) , fu eretta a porto franco e, nel 1826, fu annessa alla colonia degli Straits Settlements. La sua importanza crebbe nell'Ottocento, quando il suo porto fu l'anima del commercio con la Cina. Nella seconda guerra mondiale fu occupata dai Giapponesi e tornò agl'Inglesi a fine guerra. Fu colonia autonoma della corona nel 1946 e ottenne l'indipendenza nel 1959. Nel 1961 entrò nella Federazione Malese, divenendo nel 1963 parte della Malaysia, ma se ne separò nel 1965 e tornò ad essere uno stato indipendente (nell'ambito del Commonwealth) governato dal PAP (partito di azione popolare, d'ispirazione socialdemocratica, con forte opposizione di sinistra). |
|
Singapore è un crogiuolo di genti e di quanto si trova in giro per il mondo, eppure ha un'identità tutta sua, che in nessun altro luogo si può trovare. Non dedicherò molto spazio né molte foto a questa dimensione nota e famosa urbi et orbi, ma non posso fare a meno di ricordare la vegetazione lussureggiante che la ricopre (le piante delle spezie leggendarie sin dall'antichità decantate e i frutti esotici dalle mille varietà-colori-sapori); le cose belle che vi si possono comprare e le sete, le sete, le sete (pregiate, belle, damascate, raffinate, meravigliose e di infiniti livelli qualità-sfumature-morbidezza). Sosterò sul ricordo caro dei momenti passati in compagnia del nostro amico, Mr Koh Han Kok. Singapore era, per noi, una località estranea e sconosciuta. La presenza di quell'aristocratico signore di origini cinesi, la sua gentilezza, l'incontro con la sua famiglia, la sua ospitalità squisita hanno trasformato quel luogo in casa di ricordi belli. Gli anni settanta sono lontani nel tempo e Mr Kok non è più su questa terra. Le sue ceneri sono state sparse sul mare, secondo i suoi desideri, ed egli fa parte ora del luogo in cui ha vissuto e del suo paesaggio. Le immagini di Singapore saranno per sempre associate a quelle di quell'amico gentiluomo, nel nostro cuore e nella nostra mente. |
|
![]() |
Ho scelto, a simbolo, di questa località starordinaria e composita (che meriterebbe almeno un migliaio di foto descrittive) l'immagine di una moschea apparsa fuggevolmente davanti al finestrino. L'ho scelta perché è un simbolo di spiritualità e perché è immersa in un'atmosfera mistica che ispira un senso di pace e di nobili ideali (e perché in tale atmosfera voglio immaginare tutte le etnie sciamanti nell'isola di Singapore). |
![]() ![]() |
Esperimentare gli shopping centre in Singapore (quando in Italia ancora non ne esistevano) era un'attrazione irresitibile (dalla quale si emergeva ricchi di tesori e poveri di denari) e io non ho fatto eccezione (tanto che, una volta, ho persino temuto di aver perso i miei bambini, che correvano sempre dove io non ero), ma era l'esterno il mondo pieno di bellezze e di spazi e meritevole di immersioni a tutto sguardo-escursioni. La funivia che collegava (e sicuramente ancora collega) Singapore all'isola Sentosa ci ha permesso di librarci dentro e sopra il paesaggio, di portarne con noi le sue malie e di raggiungere la piccola isola (che conserva ancora alcune delle caratteristiche assunte in periodo bellico). |
![]() ![]() |
![]() |
![]() ![]() |
![]() |
Foto G.Ferrara- Testi di Bruna Spagnuolo. Copyright by Bruna Spagnuolo// se vuoi esprimere un'emozione, clicca